A seguito del convegno “Innovazione in gelateria: consapevolezza, sostenibilità e territorio per costruire il futuro insieme“, tenutosi il 30/11/2015 alla MIG di Longarone, vi sono state alcune riflessioni pubblicate sul gruppo di discussione dei GxG su Facebook che riportiamo in parte per poterle condividere con tutti.
Luigi De Luca ha scritto:
Un GxG mi ha chiesto, in privato, cosa volesse dire “Gelato Consapevole” ed io, invece di rispondere privatamente ho pensato di condividere la mia risposta anche con chi, penso, non abbia il coraggio di chiederlo.
Dicesi “Gelato Consapevole” quel gelato fatto con coscienza (con il termine coscienza si intende indicare quel momento della presenza della mente a se stessa quando essa conosce e giudica, quindi quello stato di “conosciuta unità” di ciò che è presente nella mente. In questo senso il termine “coscienza” è quindi sovrapponibile a quello di consapevolezza nel suo riferimento «alla totalità delle esperienze vissute, ad un dato momento o per un certo periodo di tempo». Con l’avvertenza che nella storia della cultura occidentale il termine “coscienza” ha assunto ulteriori significati indipendenti da quello di “consapevolezza”) che e’ legata alla consapevolezza ma che non implica necessariamente la comprensione. Infatti, molti di noi possono essere coscienti ma possono anche non comprendere/capire. Il concetto di consapevolezza e’ relativo. Detto questo andiamo al materialismo.
Per fare un “Gelato Consapevole” bisogna avere conoscenze tecniche e capire le differenze che detrminano una materia prima da una materia grezza e quindi decidere gli ingredienti. Per semplificare… bisogna avere uno stato d’animo predisosto “al buono” quindi ricercare il latte, la panna, lo zucchero/ri e gli stabilizzanti sapendone la provenienza. Combinare il tutto con quello spirito e gioia di voler condividere questa nostra “creazione” ed essere consapevoli che stiamo facendo di tutto per far felici qualla fascia di consumatori golosi/gioiosi ma disattenti alla loro salute. Il gelato consapevole deve rispecchiare la nostra fede e rispetto verso l’essere umano.
Stefano Grandi:
Un essere umano non può direttamente scegliere le sue circostanze ma può scegliere i suoi pensieri, e così indirettamente ma senza alcun dubbio, plasmare le sue circostanze.” (James Allen)
Non essere l’effetto, diventa tu la causa (dei tuoi desideri). Pensa, parla, agisci… rettamente.
Marios K. Gerakis:
Quindi: essendo presenti, qui ed ora, all’azione che si compie sapendo come (in ogni dettaglio) la si esperisce dando nulla per scontato. Insomma una esperienza zen, yogica.
Gabriele Toralbo:
Confermo e condivido il tuo pensiero Luigi, nella descrizione sostanziale di un mero individuo umano, del suo “vissuto esistenziale” con una componente fondamentale trascendentale quale è la coscienza, come da te sottolineata, intesa come orientamento….nello spazio…..nel tempo….e nella persona stessa.
L’essere umano ha la consapevolezza di ciò che lo circonda, tranne casi di soggetti con certe patologie mentali, incapaci perfino di intendere e/o di volere, egli stesso ha la capacità di giudizio che lo mette nelle condizioni di essere “lucido e pensante”, capace di discernere il bene dal male!
Tralasciando la parte antropologica, la consapevolezza applicata al gelato implica un comportamento da parte del gelatiere che lo mette di fronte alla responsabilità del suo “facere”, se bene o male, se giusto o sbagliato. Cosa è la responsabilità? È il dovere di rispondere delle sue azioni prima a se stesso, e poi a chi di dovere!
Il gelatiere dovrà condurre il suo lavoro consapevolmente e con la diligenza di un buon padre di famiglia, applicando sani principi civili e morali.
Ora mi chiedo….in che modo ci verrà attribuito lo “status” di gelatiere consapevole? Quanti di noi agiranno secondo “coscienza”? Come verrà disciplinato tutto ciò se siamo lungi ancora da una vera e propria legge che tutela e riconosce il nostro mestiere?
Risposta di Luigi De Luca a quest’ultima domanda:
NULLA viene disciplinato da terzi se non da noi stessi. Finché non impareremo ad essere disciplinati applicando la “tecnica” dell’autodisciplina sarà nostro compito riconoscere il nostro mestiere. La disciplina imposta da chi non conosce disciplina distruggerebbe maggiormente quello che il singolo individuo sà e può creare. Quello che provo a dire è che se aspettiamo un legge che tuteli un mestiere come il nostro, sarebbe come aspettare l’autodistruzione.
Gabriele Toralbo ha replicato:
Sono d’accordo sul fatto che ogni speranza da parte di organi competenti sia vana ed urge un’autodisciplina che regolamenti la nostra materia.
Ciò che penso, più che a un gelatiere “consapevole” che sia cosciente ma che corre il rischio che possa non comprendere o capire, è adottare una disciplina che sia solida, che abbia alla base una congregazione fondata tra di voi più esperti che faccia formazione e informazione al gelatiere, mettendolo nelle condizioni di renderlo “responsabile” con la consapevolezza da voi acquisita, chiara e comprensibile, e quindi di rispondere, prima a se stesso e, poi, a chi di dovere, nell’ambito di norme da rispettare (della congregazione), delle azioni che compie o anche delle omissioni. Responsabilità che trova il suo presupposto nel fatto che il gelatiere, nel portare a compimento il suo prodotto, al tempo stesso realizza se stesso, per cui è chiamato a risponderne, sul piano morale, civile, etico ecc…
Ognuno di noi è tale e quale si è fatto attraverso le sue azioni, le sue creazioni, le sue fantasie. Le norme devono essere realizzate nella coscienza del gelatiere, devono essere vissute nella sua realtà interiore per realizzare il proprio valore, così da fare un buon prodotto. Il gelatiere farà, del vero valore, l’oggetto della sua esistenza e lo renderà come “vissuto” responsabile delle sue azioni, farà della lealtà verso la verità, che è la chiave di volta per realizzarsi, la pietra angolare di un sistema normativo da rispettare e a cui attenersi.
Fabio Pompei ha aggiunto:
Credo che se un gelatiere non ha l’umiltà di voler imparare le regole di base del nostro lavoro, non solo non sarà mai consapevole ma non capirà mai se quello che usa è un prodotto di qualità degno di un gelatiere consapevole oppure no.
Una volta creata una generazione di gelatieri consapevoli allora si potrà anche creare una generazione di gelatieri capaci di fare un gelato idoneo ad un’alimentazione sostenibile e funzionale.
Gabriele Toralbo conclude:
Accrescere la consapevolezza di ciò che si fa, di ciò che si produce, di ciò che si realizza nel vissuto esistenziale del gelatiere, consapevolezza che potrebbe venire a mancare per incomprensione delle regole e norme stabilite da una commissione valida, o anche per negligenza ed omissione pur essendo consapevole.
Ecco che la consapevolezza mette il gelatiere “responsabile” di fronte alla sua responsabilità, e quindi di rispondere del suo operato, sia che gli sia stato attribuito con merito e lode, sia che gli venga contestato.
Buona giornata a tutti colleghi……