Gelaterie artigianali e catene, cosa ci riserva il futuro?

Durante la conferenza tenutasi durante la MIG di Longarone il 3 dicembre Andrea Soban è intervenuto a sostegno della categoria dei Gelatieri portando all’attenzione alcuni temi che stanno a cuore a questo movimento. Pertanto pubblichiamo le parti più salienti.

sobanMi chiamo Andrea Soban e sono un gelatiere di seconda generazione, sono di origine zoldana, una comunità che negli anni è cresciuta e si è sviluppata seguendo i ritmi delle stagioni in gelateria, non i mesi del calendario, e seguendo le varie fasi economiche (positive e negative) che nel tempo il nostro settore ha vissuto. Oggi i confini sono molto più labili e indistinti, e le catene di gelaterie sono diventate uno dei tanti competitor del nostro settore, con dimensioni e un peso economico non indifferente.

gelatieri per il gelato
gelatieri per il gelato

Ovviamente quello che cambia è la qualità del prodotto che viene venduto: in certi casi, non ho paura a dirlo, viene proposto un gelato di buon livello, superiore a quello prodotto da molti nostri colleghi. Personalmente non amo le contrapposizioni, perché ritengo sia sbagliato a priori condannare in toto questo fenomeno, soprattutto oggi che molti colleghi, che io definisco artigiani di valore, stanno intraprendendo strade che li porteranno ad aprire vari punti vendita a loro nome.

Uno dei punti di forza della catena è  la replica di un immagine e di un messaggio rassicurante che faccia presa e venga immediatamente riconosciuto dal consumatore.
E’ logico che ‘rinnovare’ il punto vendita di un gelatiere, per non essere da meno di una catena che spalma l’investimento su più negozi, costa. Costano gli arredamenti, così come costa lo studio di un immagine coordinata, le divise, il packaging, e chi più ne ha più ne metta. D’altronde  se però oggi poniamo una persona davanti a due negozi, uno ‘singolo’ e uno di una catena, appaiati (di cui non si conoscono i prodotti) dove pensate che il cliente entrerà? Dove e’ scritto artigianale? Dove c’e l’insegna di un brand riconosciuto? Dove il negozio e’ bello, pulito e ben disegnato?

gelatoNon basta più’ produrre un buon gelato per venderlo, occorre prestare attenzione anche anche a tutto quello che costituisce il contorno presente nella nostra gelateria. Una comunicazione, quella delle catene, che ha battuto molto il tasto dell’ingredientistica utilizzata, provocando in questo caso una vera e propria rivoluzione culturale: oggi è una continua corsa a chi racconta sempre più dettagliatamente quali sono e da dove provengono le materie prime utilizzate, a differenza del passato, quando i gelatieri gelosamente custodivano i segreti delle loro ricette e dei loro fornitori. Le catene sono state brave e hanno avuto successo, ritagliandosi una loro fetta di mercato e soprattutto intercettando i bisogni dei consumatori, ma anche noi gelatieri dobbiamo recitare un mea culpa.

Il livello delle gelaterie nel nostro Paese negli anni ’80 e ’90 era sceso molto di qualità, tanto che è bastato l’arrivo di soggetti che, tra le altre cose, puntassero sulla stagionalità dei gusti alla frutta proposti, per far passare il messaggio sull’utilizzo di frutta fresca come ingredienti principale, che molti consumatori gridassero al miracolo. Questo perché spesso sottovalutiamo i giudizi dei clienti ed è ormai chiaro che si tratta di un grave errore.

Va dato atto alle catene che da questo punto di vista, così come da quello dell’utilizzo di ingredienti giudicati di alta qualità, hanno dato una scossa al nostro settore, provocando in molti casi un “rinascimento” della gelateria, favorito da un ricambio generazione che sta avvenendo tra noi stessi gelatieri.  Se vogliamo stare al passo coi tempi, e della concorrenza agguerrita, ci vuole un ulteriore scatto di professionalità, che non coinvolge solo la produzione del gelato, ma anche la sua vendita. Da tempo si parla di comunicazione, che deve essere intesa come parte integrante della nostra professione.  Ma non possiamo limitarci a posizionare qualche bel cartellone sulle pareti dei nostri negozi. Il gelatiere deve uscire dal laboratorio (come qualcuno ha già cominciato a fare)  per spiegare ai propri clienti cosa ha prodotto, perché questa è la vera forza e la differenza rispetto alle catene, evidenziando il fatto che la produzione avviene nel proprio laboratorio, e l’utilizzo (se lo si fa) di ingredienti di alta qualità.

zoldaniDobbiamo inoltre riuscire a trasmettere il calore e la passione per il nostro lavoro, cose che un dipendente di una catena  difficilmente potrà mai avere pari alle nostre, uniti ad una preparazione professionale che dev’essere ineccepibile.
Che non vuol dire essere capaci solamente di bilanciare ricette. Oggi le persone ancor più che in passato sono molto più informate, ma anche più confuse, perchè bombardate da mille messaggi diversi sull’alimentazione, sulle varie preparazioni alimentari tra cui il gelato, e sulle problematiche  connesse.
Penso ad esempio ai vari tipi di intolleranze alimentari piuttosto che alle allergie: non possiamo più essere pressapochisti e impreparati.
Dobbiamo essere informati così da poter rispondere ai quesiti dei nostri clienti.
Questo è il vero banco di prova di un professionista, che non può più permettersi di smettere di studiare e di ampliare il proprio bagaglio culturale.

Le nostre gelaterie dovrebbero diventare delle vere e proprie ‘scatole di vetro’, perche’ non dobbiamo aver nulla da nascondere nei confronti dei consumatori, a partire dall’indicazione degli ingredienti utilizzati riportati appunto nei cartelli degli ingredienti, troppo spesso nascosti al cliente, come emerso purtroppo da un indagine che la rivista Altroconsumo ha condotto quest’estate.

Ho un approccio molto realista riguardo l’utilizzo dei semilavorati, o ingredienti composti che dir si voglia. Esiste una fascia di clientela che predilige e cerca gelati molto colorati o facilmente riconoscibili, così come vuole gelati a basso prezzo prodotti con ingredienti poco costosi (penso alla frutta secca meno ricercata, piuttosto che ai cioccolati, e così via dicendo), e per questo non condanno chi fa scelte prettamente commerciali, ma alla lunga questo non paga: anche tra i semilavorati bisogna ricercare sempre la qualità. E’ logico però che la progressiva ‘serializzazione’ dei gusti dai nomi identici, prodotti con semilavorati dai nomi dal marchio registrato (la prossima stagione avremo anche la discesa in campo della Ferrero dedicata ai laboratori di gelateria e pasticceria espressamente creata per produrre torte e gelati), che si ripetono identici in tutte le gelaterie, non penso possa fare bene all’immagine di alta specializzazione che tutti noi vorremmo fosse quella del gelato italiano. Ho visto gelaterie che sembravano cataloghi di prodotti di aziende di semilavorati: l’abuso è un disvalore!

catenaAllo stesso tempo però dobbiamo smettere di rincorrere e scimmiottare le catene! Si è diffusa la moda del gusto del mese, tecnica utile per incuriosire e fidelizzare il cliente, ma secondo me controproducente per una gelateria. Per come la vedo io, se riesco a procurarmi un grande ingrediente in piccole quantità per realizzare un gusto gelato, lo propongo fino a quando ne ho disponibilità, poi quando è finito è finito! La catena invece è legata a scelte produttive che  giocoforza obbligano ad una proposta uguale in ogni singolo punto vendita, omologando e appiattendo i gusti. Per questo dovremmo proporre un gelato “alla carta”: il cliente dovrebbe entrare nelle nostre gelaterie e chiedere “cosa mi proponi oggi di buono?” – ovviamente sempre nel limite di una rotazione dei gusti, che privilegi i classici o i più’ venduti.

Come già detto dalla dott. Poliotti, solo legandoci sempre più alle specificità e alle eccellenze alimentari dei nostri singoli territori, e sfruttando l’immenso patrimonio enogastronomico italiano (e non solo) a piene mani riusciremo a diventare unici e professionisti completi della gelateria. Perchè anche con un semplice gelato possiamo fare della CULTURA alimentare, favorendo la riscoperta e la valorizzazione di tradizioni che stanno scomparendo, spesso omologate e appiattite dalle proposte della grande distribuzione organizzata e delle catene ormai sempre più uguali una all’altra. Poniamo l’esempio che io vada aTrieste, vorrei assaggiare il gelato proprio di quella città, con gusti tipici che solo lì portei trovare!

Alcune di queste catene nel nome si definiscono ARTIGIANALI, spinoso problema perchè ad oggi, non possiamo esattamente definire cosa voglia dire gelateria artigianale.
La definizione, o meglio, le definizioni più o meno condivise, ci sarebbero, manca però ancora un disciplinare che stabilisca esattamente chi possa esattamente rientrarvi in esse.
Io posso dire da parte mia di far parte del gruppo dei gelatieri per il gelato, un gruppo aperto a chiunque voglia collaborare per arrivare ad una definizione che con l’aiuto di tutti, auti a far capire al consumatore cosa sia il gelato artigianale.
Spesso mi sorge il dubbio che queste definizioni, artigianale si, artigianale no, siano più che altro “paranoie” di noi gelatieri, perchè poi alla fine al cliente, ciò che interessa è se il gelato che si acquista sia sano, realizzato a regola d’arte, di qualità ma soprattutto buono, per appagare il gusto e la gola. E’ tempo quindi che i personalismi presenti all’interno del comparto dei gelatieri, che finora non hanno permesso di avere una categoria coesa, vengano messi da parte da chi professa un vero amore e una reale passione per  il nostro mestiere.
Gelato è musica Gelatieri per il gelato sigepL’unione fa la forza non è un semplice slogan: dobbiamo dimostrare di aver raggiunto una maturità tale che permetta di far crescere tutto il settore.
Una solidarietà ed una compattezza per raggiungere obiettivi comuni (che non sono utopie. Io li ho visti e vissuti in occasione dello Sherbeth Festival, tanti gelatieri che si mettono sullo stesso livello e collborano per lavorare gomito a gomito insieme ). Perché non possiamo permetterci che passi il messaggio che solo un marchio conosciuto di una catena possa offrire la garanzia di avere un gelato sano e prodotto con ingredienti di qualità: questo deve rimanere patrimonio delle gelaterie artigianali italiane.

Andrea Soban

[foto retailwatch.it]

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  1. Argomento di grande interesse per il vero gelatiere artigianale che “colpito” dal proliferare di “brand” inizia, finalmente, a porsi delle domande.
    Personalmente scinderei il problema in due:
    – comunicazione del locale e dei sui prodotti;
    – produzione.
    La comunicazione di alcuni “brand” è molto forte perchè veicolata dai media ma anche dai vendor di macchine per gelato.
    La TV giocoforza è ancora il media più forte in assoluto, in Italia, per cui esserci rappresenta un volano enorme. L’esposizione mediatica paga sia in termini di penetrazione di messaggi, sia in vera e propria “brand awareness”.
    L’assioma della comunicazione in TV risulta essere perfetto.
    Ogni persona può replicare ciò che viene proposto facilmente influenzando il comportamento degli altri e facendo supporre che ciò che troverò nel negozio sarà sempre così, fatto come in casa.
    Ricordo infatti, che altre catene, di origini americane, si sono lanciate in Italia negli anni ’90 e che dopo una prima “moda” sono sparite. Anche nel resto d’Europa, si sono ridotte, presenziando solo le grandi capitali europee.
    Oggi cosa cambia rispetto a queste ultime è proprio il messaggio emozionale, essere parte di una “tribù”, scambiarsi le opinioni soggettive sui gusti?
    Negli ultimi anno il gelato, come tutto il food, è stato rilanciato anche in chiave imprenditoriale dai vendor di attrezzature, dai consulenti.
    All’estero anche la finanza ha intravisto “grandi revenue” dalla catena, produrre centralmente e distribuire sul territorio più o meno grande.
    Si è scambiato il settore della gelateria per quello delle panetterie, con locali costruiti senza il minimo know-how da parte dell’imprenditore (qualche volta anche gelatiere). Si è persa la passione, e come tu ben scrivi, si è visto davvero di tutto: la fine, o l’inizio forse, è stato il gelato puffo!
    La produzione è stata via, via affidata in “outsourcing”. Molti si sono affidati ai preparati in busta, ai semilavorati, alla staticità proponendo sempre gli stessi gusti, senza fantasia, senza più un’emozione!
    Dal gelatiere al commesso…
    Tutto stava perdendosi, chiusi nel retro della gelateria senza un contatto diretto col cliente!
    Secondo me questa è la chiave del successo, il gelatiere deve affascinare, sedurre coi suoi gusti l’esprienza emozionale del cliente. Per farlo, ben venga un nuovo layout ma la gamma, la varietà gelati/sorbetti, la passione, la sperimentazione, fanno parte della “value proposition” del tuo locale. Non dimenticarlo, caro maestro gelatiere!

    1. Mi trovo d’accordo con questa visione. Occorre riportare la produzione nelle mani del gelatiere, come? Attraverso la formazione, la condivisione della cultura del gelato artigianale e la capacità di comunicare le emozioni. Il futuro non è nella serializzazione dei concept, ma nell’unicità… Chissà tra cinque anni se parleremo ancora di alcune catene…

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